Giappone… finalmente: ancora Tokyo – tappa 3

9° GIORNO

Ed eccoci di nuovo qui, dopo un comodo viaggio sullo Shinkansen, abbiamo altri due giorni da dedicare a Tokyo. A proposito, visto che non l’ho ancora fatto, ne approfitto per spendere due parole su questo treno fenomenale.
Della puntualità delle ferrovie giapponesi si è ormai detto già tutto, anche se toccarla con mano è una sensazione inebriante per un italiano abituato al servizio ferroviario nazionale. Al momento della prenotazione verrà assegnata una carrozza ed un posto a sedere e sulla banchina si troveranno segnate le posizioni in cui le varie carrozze si fermeranno (con precisione millimetrica), in modo da non costringere il povero passeggero a faticose rincorse, con bagaglio a carico, alla ricerca del proprio posto. Al suo interno, neanche a dirlo, il treno è dotato di ogni comfort e durante tutto il tragitto ci siamo divertiti a calcolare la sua velocità tramite delle applicazioni dei nostri smartphone. Qui sotto una delle punte raggiunte…

Oggi è domenica e quale migliore attività a Tokyo se non farsi un giretto allo Yoyogi Park?
Qui infatti si radunano tutti i personaggi più bizzarri della città e, se nella nostra precedente visita nella vicina Harajuku eravamo rimasti colpiti dalla varia umanità che vi brulicava, quanto vediamo oggi è al di là di ogni immaginazione.
Ogni angolo di questo immenso, e bellissimo, parco accoglie gruppi, gruppetti o grupponi di gente intenta a compiere ogni genere di attività. C’è una compagnia di assurdi ballerini rockabilly con gli occhi a mandorla che sembra appena uscita dal film Grease, ci sono le solite lolite con gonne e crinoline che inscenano spettacolini danzanti cantando canzoncine infantili, mostri di difficile catalogazione che si aggirano in gruppo, ragazzi che passeggiano con completi grigi e caschi integrali in testa e poi, coniglietti umani, cani, gatti… minolli ed ogni tipo di animali esistenti e non. Il tutto, anche se di difficile comprensione è piuttosto divertente.

Per la sera facciamo una puntatina a Roppongi, il mitico quartiere della vita notturna (spesso proibita), particolarmente amato dagli occidentali. In tutta sincerità io ed i miei compagni non troviamo grandi motivi di interesse in questa zona se non l’impatto scenografico delle mille luci che rimbalzano tra i moderni edifici.
Torniamo quindi ad Akasaka dove ci infiliamo in un ristorantino per consumare la nostra penultima cena in Giappone.

10° GIORNO

Il nostro intento per questo nostro ultimo giorno a Tokyo era di fare una visita al Mercato Ittico di Tsukiji. Ma poco prima di partire, il mercato è stato chiuso, o meglio, spostato da un’altra parte, perdendo quell’alone di fascino che ne aveva caratterizzato la vita negli ultimi ottant’anni. Vogliamo però dare lo stesso un’occhiata al sito, anche perché i negozi ed i ristorantini esterni sono, per ora, ancora al loro posto. Non essendoci più bisogno di una levataccia, ce la prendiamo con comodo e facciamo un salto per una colazione a base di sushi. Lo spettacolo di questo gigante, una volta brulicante di vita ed ora ormai vuoto è però desolante e rimaniamo poco. 

Ci spostiamo quindi a YANAKA, un quartierino dove non c’è praticamente nulla… C’è ancora molto da vedere a Tokyo e questa scelta può apparire stravagante, ma in questo ultimo giorno volevo dare un’occhiata alla città che non c’è più. Yanaka infatti è uno dei pochi quartieri della città risparmiati dai bombardamenti della II Guerra Mondiale e l’architettura è rimasta quella del periodo prebellico. Girare per le sue viuzze incorniciate da basse case di legno e grovigli di cavi della luce, dove il solo rumore che si può sentire è quello delle voci degli abitanti e dei pochi turisti che vi si aggirano, è un toccasana per lo spirito e fa comprendere un pò di più di questa incredibile città.  

Yanaka ha però un altro tratto distintivo: è il quartiere dei gatti. Ci sono gatti ovunque ed è nato un vero e proprio merchandising su questo argomento. Magliette, ventagli, statuette, borse, persino dolcetti, riportano l’immagine del felino. Ovviamente è anche la patria di MANEKI NEKO, e se non sapete chi sia, vi basterà mezza giornata in Giappone per impararlo. Maneki Neko è l’onnipresente gattino, dalla faccia invero non sempre simpatica, che vi saluterà con la zampetta dovunque vi troviate (e sottolineo il dovunque). In realtà il gesto, che a noi italiani può anche sembrare un pò equivoco, non è un saluto, ma il modo tipico dei giapponesi per attirare l’attenzione e vuole significare che il gattino sta richiamando a sé la fortuna.

E giusto che stiamo parlando di gatti, come non accennare all’ennesima follia giapponese: i Neko Café. Si tratta di caffè veri e propri, ma popolati da colonie di gatti che sono liberi di girare a loro piacimento e, se ne hanno voglia, anche di salire in grembo agli avventori. A parte la ormai acclarata venerazione dei giapponesi per questo animale, lo scopo sarebbe quello di far rilassare i clienti portandoli a contatto con questi paciosi animaletti. Ma se fosse finita qui, poco male, invece qui, visto il successo dei neko cafè, si sono spinti oltre, molto oltre, inaugurando caffè con maialini, conigli, porcospini, caprette, gufi e perfino… serpenti.

Interno di un Neko Cafè
Insegna di un Harinezumi Cafè

Il nostro viaggio giapponese si chiude con un ultimo giro al Donki, per acquistare i regalini mancanti. In realtà avremo ancora una mezza giornata per visitare Hong Kong durante un lungo scalo del nostro volo (date un’occhiata al video Hong Kong in 8 ore). Voglio però togliermi una curiosità, entrare dentro una sala pachinko.
Per chi non lo sapesse, il pachinko è una specie di ossessione per i giapponesi, si tratta di un flipper verticale che fa scendere delle palline lungo un percorso tortuoso, fino a terminare la loro corsa dentro delle buche poste in basso. Ogni buca assegna un punteggio e, a seconda dei punteggi ottenuti, si vincono dei premi, non in denaro, perché in Giappone è vietato, ma in natura. Fin qui niente di male, se non fosse che le palline, toccando gli ostacoli, emettono un forte rumore che, amplificato per le centinaia di macchinette presenti nella sala, producono un frastuono infernale.
Il primo impatto, appena entrati nella sala è terribile e viene d’istinto tapparsi le orecchie. Dopo pochi minuti si è portati ad uscire, interrogandosi su come facciano queste persone a resistere per ore con le orecchie bombardate da un tale baccano. Probabilmente lo scopo è stordire per far perdere ogni cognizione spazio-temporale, cosa che qui in Giappone sembra ricercata con una certa frequenza. Un ulteriore esempio delle nevrosi che accompagnano la vita di questo popolo.

Molte cose ancora rimarrebbero da vedere in questa incredibile città, ma così come non si può pretendere di esaurire Londra o New York con una sola visita, non è possibile vedere tutta Tokyo in appena sei giorni. Lo stimolo di tornarci però è forte. A parte le due sopra citate, raramente ho fatto visita più di una volta alla stessa città, ma qui tornerò certamente, perché un mondo così lontano dal nostro, non solo geograficamente, ha stimolato la mia curiosità e credo meriti di essere approfondito.

POST SCRIPTUM

I Terremoti

In tutta la durata della nostra permanenza, non abbiamo sentito neanche una minima scossa tellurica. Noi siamo abruzzesi e sappiamo bene cosa voglia dire trovarsi in mezzo ad un terremoto e questa era una delle preoccupazioni maggiori di mia moglie. In verità i terremoti di intensità rilevante qui in Giappone non sono così frequenti come si pensi e comunque questa nazione è l’unico posto dove vorrei trovarmi se dovesse essercene uno. Le norme antisismiche sono all’avanguardia e rispettate rigorosamente. Inoltre i palazzi vengono adeguati, se non abbattuti e ricostruiti, con grande frequenza.
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