Siviglia e la “Semana Santa”

Manca poco alla Pasqua e finalmente riusciamo a trovare una badante per mia suocera. Sono anni che vorremmo visitare Siviglia, perché dunque non approfittare della celebre “Semana Santa” sivigliana per ritagliarci un weekend proprio lì?
Questa decisione avrà bisogno di maggiori approfondimenti nel posieguo del racconto…

Un volo Ryanair ci deposita a Siviglia nel primo pomeriggio della Domenica delle Palme e, dopo un breve tragitto con il comodo autobus dell’autolinea EA (appena 4€), prendiamo possesso della nostra camera presso l’hotel Petit Palace Vargas.
Ho scelto questo albergo anzitutto per la sua posizione, non è infatti in pieno centro storico (cosa che, dato l’affollamento della Semana Santa, mi era sembrata piuttosto saggia) ma vi è molto vicino. Inoltre, essendo sulla riva del Guadalquivir è a due passi anche dal quartiere di Triana. Cosa infine non trascurabile, è posto proprio di fronte alla fermata dell’autobus per l’aeroporto.

L'eleganza ostentata dai sivigliani durante la settimana
I "temibili" incappucciati

Le previsioni del tempo prima della partenza ci davano tre giorni di pioggia implacabile, ma per fortuna, anche se il cielo è abbastanza nuvoloso, non piove e la temperatura è accettabile.
Non abbiamo ancora pranzato, quindi ci dirigiamo verso il centro storico per cercare un posto dove stuzzicare le mitiche “tapas” sivigliane. Prima di partire avevo letto del grande affollamento durante questo periodo dell’anno, ma quello che ci troviamo davanti va al di là di ogni previsione.
Tutti i locali che incontriamo sulla nostra strada traboccano di gente e, cosa davvero sorprendente, sono tutti, e quando dico tutti intendo anche i ragazzi ed bambini, rivestiti come se fossero reduci da un matrimonio.

Visto che girare per locali è del tutto inutile, decidiamo di fermarci davanti al primo ristorante che incontriamo ed attendere che si liberi un tavolino, cosa che avviene non prima di un’ora. Il posto è gradevole, tipico arredamento da corrida, con profluvio di teste di toro, ed il cibo è passabile: ottimo il salmorejo, specie di zuppa fredda a base di pomodoro, buona la selezione di jamones, rivedibili le crocchette di baccalà.
Terminato il pasto proviamo ad inoltrarci per il centro e lungo la strada veniamo continuamente affiancati da inquietanti personaggi vestiti con lunghe tuniche e cappucci a punta dai svariati colori. Nei giorni successivi impareremo che, a meno ché non ci si voglia imbottigliare in inestricabili ammassi di gente, è meglio dirigersi dalla parte opposta di questi incappucciati.

Infatti, girato un angolo abbiamo il nostro primo approccio con la follia delle processioni. Un muro umano ci impedisce di passare e qualsiasi tentativo di aggirarlo è del tutto inutile. Le stradine del centro storico sono così intricate che dovunque ci dirigiamo, ci ritroviamo sempre in mezzo alla impressionante calca.
Le uniche possibilità sono, fermarsi ad aspettare il suggestivo passaggio delle gigantesche statue votive portate a spalla dai fedeli e seguite da centinaia degli incappucciati di cui sopra (cosa che facciamo la prima volta), oppure voltare i tacchi e dirigersi da qualche altra parte della città (cosa che facciamo le innumerevoli volte successive), sperando di non incontrarne un’altra.
Si, perché le processioni durante la Semana Santa sono una settantina e le puoi incontrare praticamente dovunque…!

La Plaza de Toros

Terminato il nostro emozionante approccio con le processioni sivigliane, ci allontaniamo dal centro per dirigerci verso il quartiere di Triana, sulla sponda occidentale del fiume Guadalquivir.
Anticamente era sede del popolo gitano, che qui ha sviluppato la propria cultura nel totale isolamento. Caratterizzato da povertà e delinquenza, infatti, i sivigliani lo consideravano “la parte sbagliata della città”, basti pensare che il primo ponte che lo univa al centro fu costruito solo nel 1852.

Qui nacque il Flamenco, l’iconica danza sivigliana e tutto il quartiere è disseminato di scuole di ballo e locali dove è possibile assistere a spettacoli serali.
Attraversiamo le sue suggestive stradine con i balconi addobbati con drappi colorati ed anche qui cominciano ad apparire qua e là sinistri individui incappucciati, il ché non promette nulla di buono. Infatti, abbiamo appena il tempo di fare un giro panoramico, che la folla comincia ad accalcarsi lungo le strade in attesa di una nuova processione.
Non mi era mai capitato finora di assistere a una tale manifestazione di devozione collettiva, come quella alla quale si è partecipi qui in questi giorni.

Dopo aver attraversato il Callejón de la Inquisición, un vicoletto che i sospettati di eresia attraversavano per andare verso torture indicibili e morte certa nell’adiacente palazzo dell’Inquisizione,  e il famoso Mercado de Triana, che visiteremo nei prossimi giorni, facciamo una pausa in Plaza del Altozano per ammirare gli splendidi balconi verandati in vetro e ferro battuto.
Proseguiamo quindi per suggestive stradine, incontrando negozi di ceramiche multicolori e chiese che contengono veneratissime statue sacre.
Sbuchiamo quindi in Calle Betis, un lungofiume pieno di locali serali già stracolmi di gente. Da qui abbiamo una splendida vista sulla città vecchia le cui luci vanno pian piano accendendosi.

Il nostro ritorno verso l’hotel, appena al di là del fiume, è reso difficoltoso dalla fiumana di gente che ci viene incontro, indirizzandosi verso una processione a Triana, ormai stracolma fino all’inverosimile.
Notiamo che molte persone si sono attrezzate portandosi sedie e seggiolini da casa, in modo da rendere un pò più confortevole l’attesa.

Consapevole del prevedibile affollamento della Semana Santa (anche se non ne immaginavo l’entità) , ho provveduto a prenotare da casa il ristorante per le prime due sere. Quindi, dopo una doccia in albergo, ci dirigiamo a piedi verso il vicino Restaurante de la O, un ristorante che pratica una cucina andalusa rivisitata in chiave moderna, che si rivelerà davvero un’ottima scelta. Ambiente elegante e piatti gustosi e ben presentati.

SIVIGLIA – 2° giorno

La mattina ci svegliamo con la città coperta da una spessa coltre di nuvole nere. Il temuto maltempo, che ieri ci aveva illuso, oggi sembra arrivato.
Il problema è che avevamo prenotato un tour guidato il bicicletta e non sappiamo se confermare o meno.
Interpellato telefonicamente, il responsabile di GetYourGuide ci consiglia di recarci presso il punto di ritrovo e decidere lì. Così facciamo, e troviamo ad attenderci sul posto il titolare del nolo bici che dovrebbe fornirci i nostri mezzi. Ostentando grande sicurezza, dice che possiamo stare tranquilli perché non pioverà prima del pomeriggio. I nuvoloni sempre più bassi  e minacciosi non ci infondono invero grande tranquillità, ma  stiamo quasi per farci convincere, quando inizia un diluvio universale.
Il nostro uomo, nonostante l’evidenza, continua a dire che si tratta di un acquazzone passeggero, ma ormai siamo decisi a ritiraci, lasciando al loro destino i poveracci che invece hanno deciso di partire comunque. Per la cronaca, pioverà a dirotto per tutta la mattina…

Plaza del Cabildo

Rimasti appiedati, cominciamo il nostro tour del centro storico coperti da cerate ed ombrelli.
Sulla nostra strada troviamo la splendida Piazza porticata del Cabildo, un gioiello nascosto tra palazzi e stradine, a pochi passi dalla Cattedrale.
Online non ero riuscito a prenotare l’ingresso a quello che è uno dei simboli di Siviglia, una delle più grandi ed importanti chiese della cristianità. Rassegnati quindi a vederla solo da fuori, ci incamminiamo per la grande arteria di Avenida de la Constitucion e, una volta giunti davanti all’ingresso della cattedrale, Miriam si accorge che non c’è fila e alcune persone entrano liberamente. Ci accodiamo e riusciamo inaspettatamente ad introdurci senza alcun problema. Stanno celebrando una messa ed è forse questo il motivo per cui l’ingresso è ancora libero.

Felici per l’inaspettata fortuna, giriamo per le imponenti navate gotiche soffermandoci davanti a quella che si suppone essere la tomba di Cristoforo Colombo (ancora oggi contesa con la città dominicana di Hispaniola).
All’uscita notiamo che degli addetti hanno cominciato ad impedire l’ingresso e già una discreta fila si snoda lungo il marciapiede.

Proseguiamo quindi per Avenida de la Constitucion sotto una pioggia che si è fatta meno incessante. Passiamo accanto allo splendido edificio de la Adriatica. Realizzato nel 1914 per l’omonima compagnia di assicurazioni, è caratterizzato dall’eclettismo della sua architettura.
A parte la pioggia e le transenne che delimitano il percorso delle processioni, c’è un’altra cosa che rende un pò difficoltoso il passeggio in questa zona, ed è la grandissima quantità di sedie sistemate lungo i bordi delle strade e nelle piazze prospicienti. Si tratta di sedute che vengono vendute ai cittadini per finanziare le attività della Semana Santa e dalle quali possono assistere più o meno comodamente al passaggio delle processioni. Ce ne sono così tante che non immagino cosa riescano a vedere quelli delle ultime file.

Continuando lungo la strada, ci inoltriamo per Calle Sierpes, una via stretta e lunga disseminata di negozi di artigianato locale, abbigliamento, cibarie di ogni genere e… articoli ecclesiastici, ulteriore riprova dell’incredibile fervore religioso che anima questa città.
Io, che sono decisamente più prosaico, mi dedico con maggiore attenzione al cibo, soprattutto dolciumi vari. Qui a Siviglia infatti c’è una incredibile quantità di pasticcerie, cosa che per un amante dei dolci come me è argomento di notevole interesse. La cosa strana però, è che si tratta per lo più di pasticceria poco raffinata, la definirei “casalinga”, con sapori molto simili fra loro, la cui caratteristica principale è sempre l’estrema dolcezza.
Oltre alle onnipresenti Torrijas, dolce pasquale per eccellenza che altro non sono che dei french toast cosparsi di miele (un pò disturbanti già dopo il secondo morso), degni di menzione sono il Tocino de Cielo, una sorta di budino molto gustoso e la Torta de Aceite, una sfoglia sottile aromatizzata in diversi gusti. 

Miriam intanto compra alcuni bei ventagli da regalare alla mamma ed alle zie e si ferma praticamente in tutti i negozi di scarpe che incontra (ce ne sono un’infinità…).
La pioggia nel frattempo ha ripreso a cadere con grande intensità, quindi ci rifugiamo in un grande magazzino della catena El Corte Ingles, dove ne approfittiamo per mangiare un pò di tapas nel settore food.

Appena smesso di piovere ci rituffiamo per le stradine del centro, abbiamo infatti la visita all’Alcazar prenotata e non dobbiamo arrivare in ritardo. Tanta premura si rivela inutile, in quanto una volta arrivati davanti all’ingresso, troviamo una gigantesca fila di persone, tutte prenotate online come noi…
Per fortuna la fila scorre e dopo una mezz’oretta siamo dentro.

Le mura dell'Alcazar

L’ Alcàzar, palazzo edificato sulle rovine di una fortezza moresca, a partire dalla fine del XIV secolo divenne sede della corona di Spagna e molte aggiunte ne sono state apportate col passare dei secoli. E’ tutt’oggi proprietà del re, e quando questi si trova in visita a Siviglia, il complesso viene chiuso per alloggiarlo nelle sue stanze. 

L’interno è tutto un susseguirsi di stanze riccamente decorate con piastrelle multicolori e pietre finemente intagliate, e cortili arricchiti da piante e piscine, ma la mancanza di mobilio, a mio avviso, rende difficile immedesimarsi nella vita dell’epoca, come di solito accade visitando palazzi antichi, e la cosa rende il tutto un pò freddo.  

Nel frattempo la pioggia concede una piccola tregua e ne approfittiamo per uscire a vedere il famoso parco del palazzo. Qui la sensazione cambia radicalmente, lo splendore e la vastità di questa sorta di Eden sono inimmaginabili. Giardini all’italiana, piante tropicali, veri e propri boschi, vasche, piscine, camminamenti sopraelevati, il tutto a perdita d’occhio. Una vera delizia per gli occhi e per lo spirito

Ad ogni angolo c’è una sorpresa. Fontane musicali, finte grotte ed una suggestiva cisterna sotterranea. Immaginiamo il refrigerio che un posto del genere doveva fornire nelle torride estati sivigliane. Purtroppo, comincia di nuovo a piovere e dobbiamo rientrare al coperto.

La lunga visita ci ha fatto arrivare a pomeriggio inoltrato e la pioggia battente rende difficoltoso girare a piedi. Facciamo un altro giro per il centro storico entrando ed uscendo da negozietti e pasticcerie e, in un momento di tregua della pioggia, decidiamo di andare a vedere il Metropol Parasol, che qui chiamano più semplicemente Setas de Sevilla, una gigantesca struttura a forma di pergola inaugurata nel 2011 e divenuta presto uno dei simboli della città.
Lungo la strada però cominciano ad spuntare come funghi i temibili incappucciati e, quando manca poco alla meta, il solito impenetrabile sbarramento ci impedisce di andare avanti.

Sembra incredibile, ma qualunque strada si prenda, sgomitando tra la folla assiepata, si arriva sempre ad una processione in movimento o pronta a partire. Le strade infatti sono così strette che risulta impossibile attraversare i gruppi di incappucciati e carri sacri che le gremiscono.
Ci ritiriamo quindi verso il nostro hotel per asciugarci e cambiarci in vista della cena che stasera faremo nel ristorante Casa Manolo Leon Guadalquivir, un locale di cucina tradizionale, dove decido di assaggiare il Rabo de Toro (coda del toro), che in realtà, nonostante il nome esotico non è altro che una sorta di Coda alla Vaccinara. Il locale è molto carino e le porzioni mastodontiche.
All’uscita, tanto per cambiare, piove. Prendiamo quindi un Bolt, che assieme al più noto Uber è molto presente qui.
A questo riguardo, non vorrei addentrarmi in argomenti spinosi, ma porre una sola semplice domanda: perché questi sistemi alternativi di spostamento urbano sono presenti in ogni singolo paese e da noi no? Credo che se in ogni parte del mondo si riesca a farli convivere con i taxi tradizionali, forse è in Italia che c’è qualcosa che non funziona…
Una curiosità. Il nostro autista ha la radio accesa su una radiocronaca che sulle prime prendo per un incontro di calcio, ma ascoltando meglio scopro trattarsi della cronaca di una processione…! Rimango allibito. Non capisco cosa possa dire lo speaker più che “…è uscita la statua della Madonna…” oppure “…ora la processione sta svoltando a destra…”, ma l’attenzione con cui l’uomo ascolta, mi fa capire l’entità della partecipazione dei sivigliani per le loro tradizioni.

SIVIGLIA – 3° giorno

Di buon mattino, mi alzo dal letto e mi affaccio rassegnato alla finestra, invece, miracolo, in barba alle previsioni c’è un sole splendente.
Ci mettiamo subito in moto per non perdere neanche un minuto di questa insperata bella giornata.
Il primo passo è il noleggio di una bicicletta per muoverci più velocemente, ma il noleggiatore vicino al nostro albergo si mette quasi a ridere davanti alle nostre richieste. La risposta fissa è sempre la stessa: “es la Semana Santa…”, quindi non ci sono bici disponibili. Hanno però una succursale a Triana che forse può averle. Corriamo quindi al di là del ponte e, secondo miracolo, le bici ci sono. Sono rimaste quelle un pò più “acciaccate”, ma va bene lo stesso.

Percorriamo quindi la bella pista che costeggia il fiume e, superata la scenografica Torre del Oro, arriviamo a Plaza de España.
Parcheggiate le bici all’ingresso del parco che la attornia, ci introduciamo per l’ingresso laterale e rimaniamo per un attimo senza fiato. La piazza è un immenso spazio incorniciato, a mò di quinta teatrale, da una lunga cortina di costruzioni in stile regionalista andaluso e percorsa da un canale che si attraversa mediante quattro ponti e che si può percorrere con piccole barche a remi.

Plaza de Espana

La piazza fu inaugurata nel 1929 in occasione dell’Esposizione Ibero-Americana e successivamente, oltre a divenire un’attrazione turistica, si è faticato a trovarne una collocazione pratica.
Un pò avulsa dal centro cittadino, infatti, è quotidianamente assaltata da frotte di turisti che la utilizzano come sfondo per foto e selfie scenografici. Per la sua particolarità, è stata anche scelta come location per diversi film (Lawrence d’Arabia, Star Wars…).

Dopo le foto di rito, proseguiamo il nostro giro ciclistico fino al Mercado de Triana, un piccolo ed allegro mercato che rimanda alla mente la Boqueria di Barcellona. I box delle cibarie sono attraenti e decidiamo di fermarci a mangiare qualcosa. Vista la folla, una mezz’oretta di attesa ci sembra accettabile.
Mangiamo una discreta paella e alcune tapas, oltre all’immancabile jamon, accompagnando il tutto con la leggera ma gradevole birra locale.

Stand gastronomico al Mercado de Triana

Inforcate nuovamente le bici, anche se un pò appesantiti da uno spuntino molto più simile ad un pranzo, Miriam vuole assolutamente visitare il quartiere dove nel lontano 1992 si svolse un’importante Expo.
Avevo letto da più parti che la zona era stata lasciata nel semi abbandono ed ora si presentava come un triste cimitero di grandi ed inutilizzate strutture, invece nulla di tutto ciò. Si, c’è ancora qualche edificio abbandonato, ma la gran parte dei padiglioni dell’Expo è stata ristrutturata ed ora è sede di importanti industrie ed istituzioni universitarie. Il tutto immerso nel verde molto ben tenuto.

Attraversati i simboli del passato Expo, Miriam si mette alla ricerca dell’ex Padiglione Italia, a suo tempo progettato dalla grande architetta Gae Aulenti. Dopo una non facile ricerca ecco che ci appare in tutta la sua maestosità. Un imponente edificio bianco, ora sede di una multinazionale farmaceutica, che sia all’esterno, ma soprattutto all’interno, trasuda l’opulenza di un passato di “vacche grasse”.

Lo visitiamo in religioso silenzio, anche perché le dimensioni non sfigurano con la cattedrale di Siviglia, e ripartiamo alla volta del centro, non prima di una breve visita al Centro Andaluso di Arte Contemporanea, una interessante opera di riconversione di un vecchio monastero in un centro multifunzionale con sale espositive, laboratori e mostre.

L'ex Padiglione Italia dell'Expo 1992
L'originale installazione all'ingresso del Centro Andaluso di Arte Contemporanea

Riprendiamo il nostro itinerario ciclistico fino a raggiungere la gigantesca Sevilla Tower, un grattacielo opera dell’archistar argentino-statunitense César Pelli. Con i suoi 180 metri, svetta su tutta la città ed è visibile da praticamente ovunque.

Il caldo, unito alla lunga pedalata, comincia a farsi sentire e, dopo una veloce visita ai vari negozi che ne affollano la base, ne approfittiamo per regalarci una birra gelata nel bar dell’ultimo piano, dal quale si può godere di una vista mozzafiato a 360 gradi.

Tornati a terra, approfittando anche della bella giornata, affrontiamo l’impresa che ieri non ci era riuscita: visitare il Parasol. Ci inoltriamo quindi tra le stradine del centro storico, ma è ormai troppo tardi… Nonostante siano solo le quattro, ormai gli implacabili incappucciati hanno già invaso il quartiere. Con l’aiuto di Google Map cerchiamo di aggirare i vari blocchi provocati dalle processioni, ma invano.
Giriamo in tondo per quasi un’ora, ma non c’è verso. Dobbiamo riportare le biciclette alla base e ce ne torniamo sconfitti a Triana.

E’ la nostra ultima cena e stavolta non ho prenotazioni, quindi ci aggiriamo mollemente in centro e, quando una leggera pioggia ricomincia a cadere, ci infiliamo nel primo locale che troviamo lungo la strada. Una gradevole taperia con vista sul passeggio, dove ci rimpinziamo di ogni genere di tapas in totale relax.

SIVIGLIA – 4° giorno

Anche stamattina ci svegliamo con l’ansia delle condizioni meteo e per fortuna, nonostante i grandi nuvoloni che si addensano il cielo, non piove. Anzi, si intravedono anche degli squarci di azzurro qua e là.
Dopo la colazione nel bar panetteria nel Mercado del Arenal, che abbiamo già sperimentato ieri mattina, ci indirizziamo senza indugio verso la Setas de Sevilla, il nostro miraggio sivigliano.

Giungiamo proprio quando i primi raggi di sole riescono a bucare la coltre di nubi e lo spettacolo è davvero impressionante.
Si tratta di un gigantesco… non saprei dire cosa. Una specie di tettoia in legno che occupa un’intera piazza, riuscendo miracolosamente a non sembrare invadente.
Le sue forme sinuose si allungano come i tentacoli di una piovra e, a dispetto della mole, infonde un senso di leggerezza.

Davvero un’opera interessante e di grande impatto.
Una signorina in divisa ci blocca mentre saliamo la grande scalinata che porta ad uno spazio rialzato, convincendoci ad acquistare per pochi euro due biglietti per visitare il camminamento panoramico che si trova al di sopra della struttura. Giunti alla biglietteria, però, i pochi euro promessici, risultano essere 15 euro a persona… Non eravamo interessati alla cosa prima e men che meno ora, quindi ci rituffiamo nel centro storico perché lì c’è una cosa che vorrei veramente fare, ed è la visita all’Archivio Generale delle Indie.

Si tratta del luogo dove sono conservati tutti i documenti relativi alle scoperte ed ai viaggi fatti per le Americhe dai tempi di Cristoforo Colombo (del  quale c’è addirittura il diario di bordo).
Essendo documenti cartacei, non possono essere esposti al pubblico, ma avevo letto che periodicamente alcuni di questi venivano mostrati per brevi periodi.

L’ingresso è gratuito (che non guasta…), il palazzo è imponente, sia all’esterno che all’interno, ma purtroppo i documenti in mostra sono davvero pochini. Un appassionato di storia come me avrebbe preferito qualcosa in più, comunque la visita scorre piacevole. Colpisce la mia attenzione soprattutto un quadro raffigurante un Cristoforo Colombo completamente diverso dall’iconografia tradizionale.

Insolita immagine di Cristoforo Colombo
I lunghi corridoi dell'Archivio Generale delle Indie

Il nostro volo riparte nel primo pomeriggio, quindi abbiamo il tempo per fare un ultimo spuntino prima di tornare in albergo a riprendere i bagagli.
La fermata dell’autobus per l’aeroporto proprio di fronte all’hotel ci consente di usufruire fino all’ultimo secondo di permanenza e mentre saliamo sul pullman cominciano a spuntare come funghi i soliti incappucciati. Da qualche parte sta per iniziare una processione…

Morale della favola, abbiamo visitato una città bellissima ed il fervore della Semana Santa le dona un fascino particolare, ma non mi sentirei di suggerire ad un neofita della città la visita in questo periodo.
L’immersione nelle tradizioni e nel fervore religioso dei sivigliani forse non compensa il disagio di girare una città sempre intasata in ogni suo spazio.

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