Bucarest… senza le terme!

Durante una cena tra amici, decidiamo di concederci un weekend “economico” tutti assieme. Ad un certo punto il titolare del ristorante interviene: “Perché non ve ne andate a Bucarest? Io ci sono appena stato e mi è piaciuta. Poi i voli partono da qui…”
Le sue parole sono ancora sospese a mezz’aria, che stiamo già smanettando sui nostri smartphone per controllare i voli per Bucarest. In effetti più economici di così non si può. E poi, il volo dalla nostra città è troppo allettante. Alla fine della cena siamo tutti prenotati.

Nei mesi successivi, ogni volta che mi capitava di accennare al nostro prossimo viaggio a Bucarest, la risposta era immancabilmente una sola: “Ahh, andate alle terme…”
Conoscevo la fama dei bagni termali di Budapest, ma non quella delle terme di Bucarest. Che tutti si confondessero con le quasi omonime città?

Quando in prossimità del viaggio comincio a studiare la nostra destinazione, scopro l’arcano. A Bucarest pare sia stato costruito il più grande stabilimento termale d’Europa, immenso e frequentatissimo.
Decidiamo che non ci interessa, abbiamo solo tre giorni e non intendiamo rinchiuderci in questa sorta di Disneyland a metà strada tra un Aquafan ed un parco giochi.

BUCAREST

Sull’aereo, durante il breve tragitto (appena un’ora e mezza) i discorsi dei passeggeri attorno a noi sono tutti incentrati sulle terme. Sembra che della città non interessi niente a nessuno, eppure, da quello che ho studiato prima della partenza, deve essere una città piuttosto interessante.

Dall’aeroporto Otopeni, prendiamo l’autobus n. 783 che porta direttamente in centro. Sarebbero solo una ventina di chilometri, ma il traffico è intenso ed impieghiamo un’oretta buona per raggiungere il centro città.

Cambiamo qualche Euro in Leu (la moneta rumena) per fare i biglietti, ma appena saliti sull’autobus abbiamo il primo colpo al nostro amor proprio: si può pagare con le carte di credito mediante apposite macchinette… sistema che in Italia è ancora nel mondo dei sogni. Non sarà l’ultimo durante il nostro week-end.

Nel breve tragitto per arrivare in hotel, abbiamo già modo di dare uno sguardo a quanto ci sta attorno e rimaniamo piacevolmente colpiti dalla pulizia delle strade e dall’architettura molto varia ed interessante.

L’hotel che abbiamo scelto è il Rosetti Aparthotel,  un albergo appena ristrutturato che ha vinto uno dei premi della Settimana del Design di Romania come miglior recupero architettonico ed in effetti è molto bello e comodo.

Il tempo di poggiare i bagagli e siamo già in strada. L’impressione positiva che avevamo avuto viene confermata sempre di più man mano che procediamo lungo il nostro percorso.
La città mostra tutta la sua opulenza passata, con bei palazzi, in gran parte Art Decò, molti dei quali perfettamente ristrutturati, ma anche testimonianze del periodo comunista, con architetture brutaliste, ora molto degradate, che però sprigionano un certo fascino decadente che attira l’interesse  dei due architetti del nostro gruppo… 

La prima tappa è l’Ateneo Romeno, una sala concerti di fine ottocento con un esterno neoclassico ed un interno di grande opulenza. Veramente spettacolare. L’ingresso costa appena 10 Lei (2 euro circa) e vale la pena dargli un’occhiata.
All’esterno c’è una simpatica cerimonia di consegna diplomi stile americano alla quale partecipiamo con applausi entusiastici tra la curiosità degli astanti.

La sala concerti dell'Ateneo Romeno

Nel frattempo si è fatta ora di pranzo e ci fermiamo in un gradevole locale che incontriamo per strada. Si tratta del Sera Eden, una specie di grande serra all’interno di uno splendido giardino. Ci sistemiamo nei tavolini esterni e mangiamo piatti sfiziosi con un servizio decisamente da rivedere… Ma il posto è così gradevole che vi passiamo un’oretta in totale relax.

Dopo una visita ad una attraente pasticceria francese (dove ingurgito un éclair al caramello salato da mezzo chilo), proseguiamo verso Piazza della Rivoluzione (Plata Revolutiei) con i suoi imponenti palazzi governativi superbamente restaurati.
Contrariamente a quanto ci aspettavamo, la temperatura è mite, anzi, quasi estiva e pian piano rimaniamo in maniche di camicia.

Il mio éclair gigante
Il Memoriale della Rinascita

Guardo con curiosità il Ministero degli Affari Interni, ex sede centrale del Partito Comunista, dal quale il dittatore Ceausescu fece il suo ultimo discorso ad una folla contestante.
Proprio lì di fianco c’è un curioso monumento che commemora quei giorni di rivolta popolare, il Memoriale della Rinascita, una specie di gigantesco ago che infilza un uovo (o una patata, come dicono i locali…).

Siamo nel centro, diciamo così, “monumentale” della città ed attraversiamo il lungo viale Calea Victoriei attorniati da splendidi palazzi antichi fiancheggiati qua e là da casermoni in stile sovietico.
Un paio di cose che balzano subito agli occhi sono la grande quantità di cantieri in opera e la consuetudine di coprire con giganteschi teli pubblicitari i fabbricati peggio ridotti.

Frattanto, siamo arrivati nel cuore di Lipscani, il centro storico di Bucarest, ed entriamo nel sontuoso Pasajul Macca Villacrosse. Inaugurato nel 1891, ad imitazione dei passaggi coperti tanto in voga in quel periodo in Europa, oggi ospita un’infinità di bar e locali vari, tutti con tavolini all’esterno. Le belle vetrate gli danno luce per tutto il giorno.

Il Pasajul Macca Villacrosse

Lungo la passeggiata su Calea Victoriei, mi aveva incuriosito un passaggio similare, il Pasajul Englez, che doveva aver sicuramente vissuto tempi migliori, e su internet avevo trovato la sua interessante storia. Anch’esso costruito a fine 800 sulla falsariga della moda del periodo, era quasi completamente occupato da un albergo le cui camere si affacciavano sul passaggio. Ben presto surclassato dai più moderni e spaziosi hotel del centro, si era reinventato in bordello di lusso. La posizione nascosta favoriva l’ingresso discreto dei suoi avventori e pare fosse frequentato anche da nobili di alto lignaggio. Aperto fino al 1947, venne poi chiuso e l’intero passaggio cadde in rovina.

Il Pasajul Englez

Usciti dal Pasajul Macca Villacrosse, ci tuffiamo nella rutilante Lipscani. Le strade infatti, tutte isole pedonali, sono affollate fino all’inverosimile. Anche qui tutto è ben restaurato ed i locali a piano terra sono una sequenza interminabile di bar e ristoranti di ogni genere e nazionalità.

Ci aggiriamo per le sue belle stradine fino ad arrivare al Monastero Stravopoleos, una chiesetta ortodossa con piccolo monastero annesso molto suggestivi, soprattutto per la tranquillità che si vive al suo interno, una specie di oasi in netto contrasto con la confusione di quanto avviene attorno.

Il monastero Stravopoleos

Proseguiamo per la Cărturești Carusel, che ha fama di essere una delle librerie più grandi d’Europa.
Non so se lo sia veramente, ma una delle più belle sicuramente sì.
Costruita ai primi del 900 come sede di una banca, cadde in rovina durante il periodo comunista e solo nel 2015 fu restaurata per riportarla a nuova vita.

All’uscita dalla libreria, troviamo una curiosa statua, replica della Lupa Capitolina, che, scopriamo, fu un omaggio del governo italiano in occasione dell’Esposizione del 1906.

Siamo giunti all’ora dell’aperitivo, ma non vogliamo ficcarci nella calca dei locali all’aperto, andiamo quindi a dare un’occhiata al Marmorosch, uno dei più begli hotel della città. Costruito agli inizi del 900 anch’esso come sede di una banca, è ora un hotel che promette di far rivivere i fasti della Belle Epoque.
E bisogna dire che l’ingresso nella hall non fa che mantenere le promesse. L’hotel è maestoso e di gran classe e ci sediamo spavaldi ai tavolini dell’imponente bar, perché siamo a Bucarest e qui il lusso è ancora abbordabile. 

Prima di partire avevo prenotato la cena al Caru cu Bere, la più antica birreria della città, ed usciti dal Marmorosch è giunta giusto l’ora di andare a prendere possesso del nostro tavolo.
Da quello che avevo letto, mi ero fatto l’idea che, indipendentemente dalla sua indubbia bellezza, questo locale potesse essere una specie di trappola per turisti, ma in accordo con i miei compagni di viaggio, avevo deciso di andarlo comunque a vedere.

Il locale è indubbiamente di grande impatto. Arredato interamente in legno con vetrate istoriate che non sfigurerebbero in una cattedrale. La quantità di gente che lo affolla è esagerata ed il rumore è notevole, si fa fatica a parlare, ma questo non è niente, perché dopo un pò che ci siamo sistemati sulla balconata, comincia una serie di spettacoli di musiche e danze che aumentano a dismisura i decibel nel locale.
Il cibo che propongono è molto tradizionale e per fortuna il servizio è celere. Mangiamo buoni stinchi di maiale con polenta e crauti, accompagnati da una birra in verità non indimenticabile. Quello che però rimarrà indimenticabile, almeno per me, è il Papanasi, una specie di ciambella gigante fritta, ricoperta di una crema al formaggio e marmellata di amarene. Le proverò più volte durante il nostro viaggio, ma non saranno mai così buone…

Stinco di maiale con polenta e crauti
Il dolce Papanasi
Il Teatro Nazionale

Il posto è indubbiamente a forte vocazione turistica, ma in definitiva è divertente e merita di passarci una serata.
La nostra giornata termina quindi con una digestiva passeggiata notturna fino all’albergo tra i palazzi illuminati.

BUCAREST – 2° giorno

La mattina inizia di buon’ora con un’escursione verso il nord della città. Il programma è di raggiungere il Palazzo Primaverii (la residenza privata del dittatore Ceausescu) attraversando il tratto settentrionale della Calea Victoriei. La prima tappa la facciamo al Mercato Amzei, dove non troviamo un granché da vedere, oltre ad un simpatico negozio di colbacchi e, soprattutto, alla Patiseria Amzei, un bugigattolo al quale non daresti un soldo bucato, ma che sforna a getto continuo deliziosi dolci tradizionali rumeni. Tutti i numerosi avventori in fila davanti a noi sono concordi nel giudicarli i migliori di Bucarest. Mentre aspettiamo il nostro turno, un ragazzo ci chiede di dove siamo. “Ah, italiani – esclama – siete venuti per le terme…” Al nostro diniego, comincia a guardarci con un pò di sospetto.

Calmati i languori di stomaco, proseguiamo lungo la bella Calea Victoriei. Il tratto tra Piata Enescu e Calea Grivitei è tutto un susseguirsi di bar eleganti e negozi firmati, poi si apre senza soluzione di continuità ad imponenti palazzi Art Decò, ristrutturati o cadenti,  ville circondate da rigogliosi giardini, edifici moderni ed orrendi casermoni stile sovietico. 

Passiamo quindi di fronte a quello che è senza alcun dubbio il più bel palazzo di Bucarest, Palazzo Cantacuzino, sede del Museo Nazionale George Enescu, che purtroppo è chiuso per restauri. E’ però sufficiente ammirare la stupenda tettoia Art Noveau in vetro e ferro per rendersi conto della sua imponente bellezza.

Palazzo Cantacuzino

A Plata Victoriei decidiamo di sperimentare la metropolitana. Niente di eclatante, ma sicuramente più pulita e meglio tenuta di quella di Roma (dove ho avuto la disgrazia di passare poco tempo fa).  Sbuchiamo quindi nel signorile quartiere di Aviatorilor, caratterizzato da dritti viali alberati contornati da villette, moderni caseggiati e lussureggianti parchi a perdita d’occhio.
Devo dire che quest’ultima è una caratteristica che accomuna tutta la città di Bucarest. Dovunque ci si diriga ci si imbatte in un parco attraversato da sentieri e viali ombreggiati. 

Se il quartiere Aviatorilor ci è parso signorile, l’attiguo Primaverii è addirittura lussuoso. Ogni via trasuda benessere ed è ovviamente qui che si trova il palazzo di Ceausescu.
L'ingresso del Palazzo di Ceausescu

L’impressione che si ha dall’esterno è un pò deludente, sembra una normale villetta signorile, ma una volta entrati, tutto cambia. Il pesantissimo arredamento ed il lusso sfrenato la fanno da padrone ed ogni ambiente suscita stupore per l’incredibile dose di opulenza che rasenta (e spesso supera) il kitsch.
Marmi, stucchi, mosaici, boiserie ed oro a profusione. Più si procede e più ci si rende conto che quanto si vede dall’esterno è solo una minima parte del complesso, che si sviluppa all’interno del parco che lo circonda.
La nostra guida, in un inglese un pò approssimativo ci snocciola aneddoti sulla vita del dittatore che vanno con noncuranza dal divertente al raccapricciante.

Usciamo storditi ed abbiamo bisogno di un pò di calma e tranquillità per riprenderci. Ci spostiamo quindi nell’ennesimo parco, il Parcul Regele Mihai I al României, bagnato da uno scenografico laghetto.
Esaurita la scorta di dolcetti fatta in mattinata, abbiamo bisogno di qualcosa di più concreto da mettere nello stomaco ed il bel ristorante Pescarus, proprio di fronte al lago, sembra proprio quello che fa al caso nostro. Qui mangiamo un ottimo fish & chips innaffiato dalla leggera birra rumena, godendo della fresca brezza del lago.

Data la mancanza di fermate della metropolitana nelle nostre vicinanze, prendiamo l’autobus per raggiungere il quartiere ebraico. Un nostro compagno di viaggio ha visto su internet delle foto molto attraenti di alcune suggestive stradine di questo quartiere e le vogliamo andare a visitare.
Giunti a destinazione, però, fatichiamo a trovare le strade in questione. Vediamo solo palazzoni dal solito stile sovietico ed edifici ultramoderni che si alternano a qualche rara villetta, residuo dell’antico quartiere.
Alla fine, dopo aver suscitato il legittimo interrogativo di ogni passante che incontriamo per strada, sul perché dei turisti fossero in quella zona, scopriamo che le foto in questione sono di Budapest, non di Bucarest…

Maledicendo il nostro amico per il tempo perduto, ci rimettiamo in moto per raggiungere il Parcul Carol I e visto che abbiamo preso praticamente tutti i mezzi possibili, decidiamo di provare anche il Bolt, un concorrente di Uber molto in voga da queste parti. L’efficienza del servizio è la stessa del più celebre antagonista (da chiacchierate con i vari autisti, scopriremo che molti di loro lavorano per entrambe le compagnie…) ed in men che non si dica raggiungiamo la nostra meta. A dire il vero anche troppo in fretta, visto che il nostro autista sfreccia zigzagando tra le strade trafficate del centro ed imbocca i lunghi boulevard a velocità folle.
Rimaniamo ammutoliti per tutto il tragitto per paura di distrarlo e ad un certo punto sorprendo uno dei miei amici farsi anche il segno della croce…

Il Palazzo Presidenziale visto dal Parcul Carol I

Comunque arriviamo illesi alla meta. Il parco, anche se la sua struttura è tipicamente di stampo “comunista” riveste un certo fascino. Si sviluppa lungo il fianco di una collina che ha al suo vertice un imponente monumento ai caduti. Di lì si diparte un lunghissimo vialone in discesa che attraversa il parco vero e proprio. Dall’alto della collina si può distinguere il gigantesco Palazzo del Governo, vero capolavoro della follia di Ceausescu, la visita del quale abbiamo prenotato per il nostro ultimo giorno.

Ritornando verso il centro a piedi, facciamo un passaggio alla Cattedrale Patriarcale dei Santi Costantino ed Elena, che dalle immagini viste sui siti sembrava una normalissima chiesa, mentre invece è un interessante complesso religioso di grande fascino.
Arriviamo proprio mentre è in corso la messa cantata in rito Bizantino e rimaniamo colpiti dalla grande partecipazione di tutti i presenti. L’atmosfera che si respira è di una religiosità quasi commovente.

Dopo la lunga camminata di oggi, siamo pronti per rilassarci a cena. Abbiamo prenotato al Hanu lui Manuc, forse il secondo ristorante più famoso della città… ed è stato un errore. Non per il locale in sé, che è un antico albergo costruito ad inizio 800, nel cui cortile centrale sono sistemati i suoi innumerevoli tavolini, ma per il suo stile troppo simile al ristorante di ieri sera. Cibo tradizionale, folla vociante, canti e balli. Non era proprio quello che ci serviva dopo la sfacchinata di oggi. Inoltre l’atmosfera è molto simile a quella vissuta ieri al Caru cu Bere.
Ci rifaremo domani.

BRASOV – 3° giorno

Oggi è il grande giorno, andremo in Transilvania
Una terra che fin da bambino ha attirato le mie fantasie. Non c’era film dell’orrore che non fosse ambientato lì ed anche solo pronunciare il suo nome faceva venire i brividi.
Volevamo prenotare il giro con uno degli operatori che organizzano giri guidati, ma non avendone trovati di nostro gradimento, abbiamo deciso di fare da soli.
Prendiamo quindi un treno che ci porterà direttamente a Brasov e di lì proseguiremo per il castello di Peles.

Il viaggio dura due ore e mezzo che però, tra una chiacchiera e l’altra, passano velocemente. Il paesaggio poi è incantevole, sembra di essere sulle Alpi e pittoreschi paesini e verdissimi boschi si alternano lungo il percorso.
Arrivati a Brasov rimaniamo incantati dalla bellezza del centro storico che si sviluppa attorno ad una spettacolare piazza, dominata dall’imponente Chiesa Nera in stile gotico.

Passiamo qualche ora a gironzolare tra le sue stradine e, ozieggiando nei bei locali con tavolini all’aperto, non ci rendiamo conto che il treno per Peles sta per partire. E’ il mitico Bolt a venirci in aiuto ed in pochi minuti siamo davanti alla stazione. 

La spettacolare Porta di Santa Caterina a Brasov

Nel breve tragitto del treno, il tempo cambia radicalmente. Dal caldo sole di Brasov passiamo ad un diluvio appena posto il piede davanti all’ingresso del castello. Ci fermiamo a mangiare qualcosa in attesa che spiova, ma dopo una mezz’ora di attesa siamo costretti a darci una mossa perché l’orario dell’ultimo ingresso sta per scadere.
Abbiamo un solo misero ombrellino, quindi decidiamo di fare una staffetta per attraversare, due alla volta, i circa 200 metri di percorso fino alla biglietteria. Ovviamente arriviamo tutti zuppi… proprio mentre smette di piovere.

Gli interni del castello sono riccamente e pesantemente arredati, come si conviene ad una residenza reale di fine 800 (devo dire che alcune stanze mi ricordano molto la villa di Ceausescu. Sarà un caso?).
La visita è interessante, ma il tempo scorre veloce, quindi abbandonati i copricalzari che ci hanno dato all’ingresso (a proposito, questa è una buona abitudine che abbiamo riscontrato dovunque qui in Romania e che forse sarebbe bene copiare anche in Italia), scappiamo verso la stazione per prendere il treno per Bucarest che, ovviamente, è già partito.

Il castello di Peles

Vediamo già la nostra prenotazione per la cena volatilizzarsi, quando sul tabellone della stazione appare un treno non segnalato dall’orario ufficiale. Ci spiegano che è di una compagnia privata (ce ne sono diverse in Romania) che ha preso un appalto per questa tratta.
Siamo salvi, anche se dovremo passare due ore in piedi schiacciati come sardine…

Come accennato prima, per la cena di questa sera abbiamo deciso di optare per qualcosa di drasticamente differente. Proveremo la cucina del quotato chef Joseph Hadad, nel suo ristorante Caju, in pieno centro. Un posto raffinato nel quale ci ricreiamo con piatti deliziosi ed ottimamente presentati.

BUCAREST – 4° giorno

Ultimo giorno a Bucarest, abbiamo il volo nel pomeriggio, quindi dedichiamo la mattinata ad esplorare un pò di periferie.
Poiché molti del nostro gruppetto sono inspiegabilmente attratti dai mercati, andiamo a visitare l’ Obor Market, una gigantesca struttura che contiene centinaia di box che propongono ogni genere di mercanzie. Senza contare l’area esterna, che ne raddoppia la dimensione totale.
Personalmente, a parte qualche simpatico manufatto semi-artigianale, non trovo grande attrattiva nella visita, se non per dare un’occhiata ad un quartiere popolare periferico fatto di palazzoni anonimi e fabbriche dismesse.

Non può mancare nelle vicinanze un centro commerciale stile occidentale, nel quale ci fermiamo a fare colazione. Ci rituffiamo quindi in centro per dare un’occhiata alla Facoltà di Architettura e poi affrontare una delle maggiori attrazioni della città (terme a parte…): il Palazzo del Parlamento (ex Casa del Popolo), frutto della follia di Nicolae Ceausescu.

Si tratta del secondo più grande palazzo amministrativo al mondo (per la cronaca, il primo è il Pentagono di Washington), secondo solo perché l’improvvisa rivoluzione del 1989 ne ha interrotto i lavori. Un’opera assurdamente colossale che con i suoi costi ha mandato in bancarotta le casse dello stato.
Al suo interno, viste le premesse, e la tendenza a gusti piuttosto kitsch del suo realizzatore, mi aspettavo qualcosa di diverso. Attraversiamo corridoi lunghi centinaia di metri, saloni immensi, tappeti di centinaia di metri quadri e tendaggi da tonnellate di peso, il tutto ricoperto di marmi policromi e rivestimenti preziosi, ma c’è comunque un certo buon gusto che non fa mai storcere la bocca.

La nostra guida ci racconta che calcolando il potere d’acquisto negli anni in cui fu edificato, il palazzo è costato all’incirca 3 miliardi di dollari…
Gli aneddoti che il nostro simpatico cicerone inanella durante la visita si susseguono e, tra le altre cose, veniamo a sapere che la quantità di marmi utilizzati nei rivestimenti fu tale, da esaurire le cave di tutta la Romania e (particolare che mi ha molto colpito) per anni i cittadini hanno dovuto utilizzare altri materiali per le pietre tombali.

La visita dura circa un’ora e mezza ed al termine, sempre il nostro giovane accompagnatore, ci informa che abbiamo visto meno del 3% del palazzo…
Dopo esserci affacciati dal balcone che sovrasta il lunghissimo viale voluto dal “conducator” (questo era il soprannome di Ceausescu) per le parate militari, ci mettiamo in fila per uscire e ci accorgiamo che tutti “allungano” una mancia alla guida.
In previsione dell’imminente partenza abbiamo tutti consumato la moneta locale per non dovercela ritrovare, inutilizzata, in Italia, dobbiamo quindi fare una penosa colletta per racimolare qualche Leu rimasto nel fondo delle tasche.

P.S.: In aeroporto, durante la fila all’imbarco mi capita di ascoltare i discorsi dei nostri vicini e mi rendo conto che sono tutti incentrati sullo stesso argomento: le famigerate terme.  Praticamente, sembra che nessuno abbia messo piede in città, per passare tutto il periodo chiuso li dentro.
Ed è un peccato, perché al di là di tutti i preconcetti, Bucarest è una città interessante che vale la pena visitare. Prima di partire avevo letto commenti a volte catastrofici di blogger che descrivevano la città nei peggiori modi possibili, addirittura un tizio definiva una delle città più verdi che abbia mai visto, come priva di vegetazione… Un altro si lamentava dello squallore dei quartieri periferici, ma quale periferia di una grande città non è squallida?
Io ho trovato una città che alla fine degli anni 80 ripartiva da zero e che in pochi decenni sta tornando ai fasti del pre-comunismo. In molte cose di gran lunga superiore a noi. Il traffico è pesante, ma ordinato (non ho sentito suonare un clacson in tre giorni di permanenza), il verde è presente dappertutto e curatissimo, non c’è ombra di sporcizia e rifiuti, il trasporto pubblico è ben organizzato, così come i siti turistici. Il centro è completamente pedonalizzato e l’offerta di intrattenimento è estremamente variegata.
Non voglio dire che sia una città perfetta, perché parlando con gli autisti locali, le magagne ci sono anche lì (e sono molte), ma una visita di qualche giorno vale la pena farcela.

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