I grandi libri di viaggio: Bruce Chatwin

Personaggio controverso, l’inglese Bruce Chatwin. Amato incondizionatamente, ma ugualmente odiato, è stato un personaggio che sicuramente ha lasciato traccia del suo passaggio.
Bello e intraprendente, esperto d’arte, archeologo, viaggiatore, fotografo e scrittore, morto di AIDS ad appena 48 anni. Ci sono tutti gli ingredienti per farne quell’icona mondiale che è stato.
Grande narratore di storie, col suo stile asciutto ha raccontato realtà fino ad allora poco conosciute, facendo scoprire alle giovani generazioni il piacere del viaggio d’avventura.
Paradossalmente, però, fu anche amato e coccolato dal jet set internazionale, ambiente nel quale si muoveva con la stessa naturalezza che su una pista nel deserto australiano.
Una vita la sua piena di estetica e bellezza (fu esperto d’arte per Sotheby’s), ma anche di eccessi. Amò con grande libertà uomini e donne bellissimi nella New York sfrenata degli anni 80 (era ospite fisso della factory di Andy Warhol).
I suoi detrattori, che non erano pochi, non gli perdonavano la sua voglia di strafare, che lo portava spesso ad infiorare i suoi racconti con episodi volutamente esagerati, se non del tutto inventati.

Dal punto di vista letterario, il suo capolavoro, che poi lo portò sulla ribalta internazionale, fu In Patagonia, un reportage asciutto ed emozionante da quella parte del mondo fino ad allora del tutto sconosciuta.
Ugualmente degno di menzione è Le Vie dei Canti, viaggio alla scoperta degli aborigeni australiani.

Io ho letto tutti i suoi libri e devo dire che quelli che forse apprezzo maggiormente sono Che ci faccio qui? e Anatomia dell’irrequietezza, serie di articoli scritti per i vari giornali coi quali collaborava, nei quali trovo il vero spirito del reporter viaggiatore.

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