Giappone: Ryokan e cena Kaiseki

Non dico che sono venuto in Giappone solo per questo, ma passare la notte in un vero ryokan era sicuramente uno dei miei più ardenti desideri durante la preparazione del viaggio.

Ho usato il termine “vero” perché in Giappone molti b&b o hotel economici si fregiano del titolo di ryokan, ma in realtà, a parte la notte in futon, non offrono nulla di quello che un vero ryokan dovrebbe offrire. Sto parlando di stanza tradizionale, contesto naturale adeguato, cena Kaiseki ed onsen. Ovviamente un simile trattamento ha un costo ed i veri ryokan sono molto più costosi dei normali hotel. Un soggiorno di questo tipo, però, è in grado di appagare tutti i sensi ed è per questo che i giapponesi che vivono nelle grandi città spesso si concedono delle pause in ryokan durante i week-end.

Poiché un ryokan di buon livello può raggiungere cifre veramente importanti, ho scelto quello che mi sembrava rappresentare il miglior compromesso nel rapporto qualità/prezzo.

Ed eccolo davanti a noi, dopo un breve viaggio in Shinkansen da Tokyo fino ad Hakone ed un altrettanto breve tragitto in autobus, il Ryokan Kijitei Hoeiso, una bassa costruzione tradizionale in legno immerso nel verde. Dopo la sfilza di inchini di rito, la ragazza che ci accoglie prende in ostaggio le nostre scarpe (che rivedremo solo il giorno dopo al momento della partenza) e in cambio ci consegna dei sandali tradizionali ed una yukata (un kimono leggero ed informale che viene utilizzato in casa o alle terme), che saranno i nostri abiti fino all’indomani. Dopo aver prenotato l’onsen per il dopo cena, una graziosa cameriera ci accompagna nelle nostre stanze.

È tutto ciò che avevo sognato, mobili in legno e pareti in carta di riso, tatami per terra e uno splendido terrazzino con vista sul bosco, un basso tavolo per la cena… molto basso… accidenti bisogna mangiare seduti per terra, già sento la mia schiena protestare…

A parte qualche dubbio nella disposizione degli indumenti, “ma questo pezzo va sopra o sotto ?…” continua a ripetermi Miriam, riusciamo ad indossare i nostri yukata e quando i nostri amici entrano nella stanza per la cena, la scena è esilarante.

La nostra gentile cameriera intanto ci ha allestito la cena spiegandoci l’ordine in cui dobbiamo mangiare le svariate pietanze che affollano il tavolo. Ognuna è tenuta in caldo all’interno di contenitori ed è un vero divertimento alzare i coperchi per scoprire cosa ci attende sotto ognuno di essi.
Ci sono zuppe, sashimi, verdure mai viste, pesci alla griglia, in agro-dolce o marinati, sushi, brodini, tofu… tutto incredibilmente buono.

Alternando strani allungamenti e stretching vari, indispensabili per sgranchire gambe e schiena provati dalla posizione accucciata, completiamo la cena dando fondo a tutte le birre dei nostri frigobar (una gradita concessione alla modernità). Dopo un digestivo tea verde giapponese, lasciamo la nostra cameriera a sparecchiare e ci dirigiamo verso l’onsen.

L’impianto termale è piccolo ma delizioso, si trova infatti all’aperto in mezzo al bosco sulla riva di un fiume. Le due vasche, originariamente riservate a uomini e donne, sono state assegnate alle nostre due coppie una ciascuna. La regola infatti prevede che le abluzioni si eseguano completamente nudi. Un urlo fantozziano proveniente dalla vasca dei nostri amici dovrebbe metterci in guardia, ma incuranti ci immergiamo, salvo schizzare immediatamente fuori dalla vasca: l’acqua è calda, molto, ma molto calda…
Nonostante la piacevolezza dell’ambiente non riusciamo a restare immersi per molto e ritorniamo alle nostre stanze dove, sempre la solerte cameriera, ci ha allestito i giacigli per la notte. In pratica ha steso per terra due futon, delle specie di sacchi a pelo imbottiti, dove durante la notte, la mia già dolorante schiena (e devo dire anche quella di Miriam) esala l’ultimo respiro.

Al nostro risveglio ci viene nuovamente imbandito il tavolo per la colazione, ma stavolta, in prima mattina, brodini, pesce crudo, alghe e non so che altro, non sono graditi come la sera precedente.

Pagato il riscatto per le nostre scarpe, riprendiamo il nostro viaggio con alle spalle un’esperienza indimenticabile.

Potete trovare qui altri miei post sul Giappone.

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