Canada: in Quebec.
E’ a Houlton (Maine) che attraversiamo il confine con il Canada. Devo dire che vedere apparire il cartello con la bandiera dalla foglia d’acero provoca una certa emozione.
Dopo una breve fila, passiamo attraverso un posto di controllo dove ci vengono prelevati i passaporti e siamo invitati ad attendere in un parcheggio poco distante. Memori delle raccomandazioni ricevute negli USA, dove scendere dalla propria auto in presenza di controlli di polizia può costarti anche la vita, ce ne rimaniamo buoni buoni in macchina in attesa di nuove indicazioni. Indicazioni che però tardano ad arrivare.
Dopo venti minuti, cominciamo a preoccuparci seriamente che qualche irregolarità nei nostri documenti ci stia portando verso un imminente arresto. E’ con un certo timore, quindi, che vediamo un agente scuro in volto avvicinarsi alla nostra auto con i passaporti in mano. La sua parlata è veloce e non riusciamo ad interpretare tutto il suo discorso, ma per sommi capi potrebbe tradursi con “Che (bip) state aspettando a venirvi a riprendere i passaporti?” dopodiché ci restituisce i documenti lanciandoceli quasi dentro al finestrino ed esortandoci a sgomberare al più presto.
“E così ci siamo fatti riconoscere anche in Canada” è il caustico commento di Manuela.
I 300 chilometri che ci separano dal fiume San Lorenzo li percorriamo tra boschi e corsi d’acqua che fiancheggiano la strada rettilinea. Unico motivo di distrazione sono i continui cartelli di avvertimento per possibili attraversamenti di alci, che ci appaiono con preoccupante frequenza. Mi piacerebbe tanto vedere un alce in libertà, ma non certamente fermo sulla carreggiata mentre transitiamo a più di 100 chilometri orari…
Comunque, arriviamo incolumi a Rivière-du-Loup, da dove dovremo traghettare per la sponda opposta del San Lorenzo. L’estuario del fiume in questo punto è largo quasi 25 chilometri e pare più un mare che un fiume. Il traghetto non arriverà che tra una mezz’ora, quindi faccio in tempo a buttare giù un fantastico lobster roll nel ristorantino vicino all’imbarco.
La traversata dura un’ora e mezza e durante il tragitto vediamo increduli un paio di cetacei non meglio identificati immergersi con le loro code in aria.
Si sta facendo buio e dobbiamo sbrigarci perché la nostra sistemazione è un po’ complessa. Non avendo trovato stanze libere in una stessa struttura, abbiamo dovuto separarci. Marco e famiglia in un B&B a Baie-Sainte-Catherine, mentre io e Miriam a Tadoussac… nello splendido Hotel Tadoussac. Certo, ammetto che il trattamento è stato poco equilibrato, ma tutto il mio lavoro per ricerche e prenotazioni in qualche modo doveva essere ricompensato…
Il problema della diversa sistemazione alberghiera è però acuito dal fatto che i due paesi sono divisi dal fiume Saguenay che deve essere attraversato necessariamente con un traghetto. Dobbiamo quindi sbrigarci per non perdere l’ultima corsa.Scaricate le valige al B&B, quindi, ci facciamo prenotare dal gentilissimo proprietario il whale watching per la mattina successiva e ci mettiamo subito alla ricerca di un posto dove cenare. Col timore di non trovare più ristoranti aperti, ci infiliamo nel primo disponibile lungo la strada, dove mangiamo velocemente un pasto senza infamia e senza lode in un locale desolatamente vuoto.
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INDICE
Tadoussac
Il giorno dopo ci svegliamo di buon’ora perché l’escursione parte molto presto. Anni addietro avevamo già fatto l’esperienza di un Whale Watching nel New England, quindi stavolta abbiamo optato per qualcosa di un po’ diverso. Ci avvicineremo (si spera) alle balene sopra dei piccoli e velocissimi gommoni Zodiac.
Intuendo le possibili temperature che ci aspettano sul gommone, ci siamo premuniti con un abbigliamento pesante, ma quanto ci aspetta una volta giunti sul luogo dell’imbarco, va al di là della nostra immaginazione. Veniamo infatti rivestiti di tutto punto con voluminose cerate catarifrangenti che ci fanno sembrare un plotone di pompieri pronti all’azione.
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In attesa di riunirci ai nostri amici, che hanno preferito una più tradizionale escursione in nave in un orario più comodo, torniamo in albergo per una doccia e ci mettiamo in giardino a scaldarci al sole. Tra l’arrivo a tarda sera e l’uscita in prima mattina, non abbiamo ancora avuto modo di renderci conto dell’imponente bellezza dell’Hotel Tadoussac. Edificato nel 1864, incendiato e ricostruito nel 1942 è una struttura che per la sua mole spicca nel piccolo paese che lo ospita, divenendone il suo elemento identificativo.
Una volta ritrovati i nostri compagni, facciamo un giro per Tadoussac in cerca di un ristorante. Il paese è molto carino, ma assolutamente turistico. Si è sviluppato infatti attorno al business delle crociere per l’avvistamento dei cetacei, che in questa parte del San Lorenzo sono molto numerose. Tutto è nuovo, pulito, ridipinto di fresco, forse un pò artefatto, ma molto gradevole. Trovato un bel locale sul fiume, pranziamo prima di riprendere il cammino, direzione Quebec City.
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QUEBEC CITY
Continuiamo il nostro itinerario in Quebec Canada, percorrendo una bella autostrada che attraversa delle fitte foreste. Arriviamo in città dove prendiamo alloggio all’ Hotel Port Royal, un ottimo 4 stelle posto in posizione davvero strategica, a due minuti dal vecchio porto e a pochi passi dalla città vecchia. Ed è lì che ci dirigiamo per cominciare ad “impaginare” la città.
Fin dal primo impatto non si può rimanere indifferenti davanti al gigantesco e spettacolare castello che la domina dall’alto, ma addentrandosi per i vicoli e le stradine si rimane pian piano affascinati dalle architetture e dalle atmosfere molto francesi che si respirano in ogni angolo.
A tal riguardo, voglio aprire una parentesi in merito alla “francesità” di questa parte del Canada. Per una vita ero rimasto nella convinzione che nel cosiddetto Canada francese vigesse una sorta di bilinguismo e che la lingua inglese rimanesse comunque quella ufficiale come in tutto il resto della nazione.
Non è così… Qui a Quebec (non vi azzardate ad aggiungere il City finale), come in tutta la regione, si parla ESCLUSIVAMENTE francese e l’inglese viene utilizzato solo in casi di totale incomprensione, ma sempre con un certo fastidio. In alcuni negozi, addirittura, abbiamo trovato del personale che non conosceva una parola di inglese…
Ma torniamo a noi, il fascino di Quebec, che ci ha rapito fin da subito, cresce man mano che calano le tenebre e le mille luci della città si accendono. Ci aggiriamo per i bei negozietti che affollano le stradine lastricate, saliamo e scendiamo per scalinate stile Montmartre e… cominciamo a cercare un ristorante dal momento che la fame ci sta assalendo prepotentemente. L’impresa non è facile, perché c’è un discreto affollamento, ma dopo una lista di attesa di un’oretta, riusciamo finalmente a sederci in uno degli scenografici locali sotto al castello.
Preso dalla mia solita smania di assaggiare le specialità del posto, ordino come antipasto una poutine, pietanza che tutte le guide gastronomiche presentano come piatto nazionale del Quebec.
Se mai doveste capitare da queste parti e vi venisse voglia di assaggiare una poutine, beh, lasciate perdere…
Si tratta infatti di un’inquietante montagna di patate fritte, sommersa da una salsa gravy e, come non bastasse, da una colata di formaggio fuso. E io che l’avevo ordinata come antipasto… Questa roba sarebbe sufficiente per ammazzare un cavallo!
Per fortuna, mi rifaccio con un ottimo filetto di manzo.
Per tornare in albergo riattraversiamo le stradine della città vecchia magicamente illuminate.
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Quebec City – 2° Giorno
Questa mattina vogliamo visitare il Marché du View-Port, un grande mercato alimentare pieno di bancarelle. Il sito è degno della mia attenzione esclusivamente per un motivo: la presenza di svariati piccoli produttori locali di sciroppo d’acero.
Non dico che sono venuto in Quebec nel Canada solo per questo, ma indubbiamente il Maple Syrup canadese mi ha dato una grande spinta a visitare questo paese. Fin dal primo momento che ho assaggiato questo nettare, tanti anni fa, me ne sono innamorato perdutamente ed ora che sono nella sua terra d’origine ne faccio una tale scorta che spero di non venire arrestato alla dogana per importazione illegale.
Dopo aver depositato il bottino in albergo, proseguiamo l’esplorazione della città vecchia per approfondire la visita iniziata ieri sera. Partiamo dalla città bassa, meglio nota come Quartier Petit Champlain, che è proprio dietro il nostro hotel. Si tratta del nucleo più antico della città e si sviluppa in un dedalo di stradine deliziose colme di gallerie, negozietti, bar e ristoranti. In uno slargo nei pressi della cattedrale di Notre Dame de Quebec, degno di nota è un gigantesco affresco tromp-l’oeil intitolato Fresque des Québécois nel quale sono raccontati 400 anni di storia del Quebec attraverso i propri personaggi più influenti.
Per salire alla città alta, i più pigri (ovviamente noi) possono optare per una funicolare, altrimenti vi è una serie di ripide scalinate da affrontare, per sbucare sotto al Chateau Frontenac, l’hotel ospitato nell’imponente castello, vero simbolo della città. I locali sostengono sia l’hotel più fotografato al mondo (come si sia approntata questa statistica non è dato sapere) ed unisce una tale quantità di stili architettonici che pare incredibile come riesca a risultare anche elegante.
Di qui parte la Terrace Dufferin, una splendida terrazza pavimentata in legno che si affaccia sul fiume regalando vedute spettacolari. Proseguendo si arriva alla Cittadelle, una piazzaforte con bastioni a stella, nella quale ogni mattina alle 10 si può assistere al cambio della guardia.
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Tornando nella città vecchia, anche qui si susseguono negozi, gallerie e locali di ogni tipo, ma io vengo attratto da un negozio in particolare. Si tratta della Boutique de Noel, una gigantesca rivendita di articoli natalizi dove gli appassionati di questa festività (dei quali io sono uno dei massimi rappresentanti) possono trovare una quantità smodata di addobbi a tema.
Consumato un veloce spuntino, prendiamo un traghetto per attraversare il fiume e portarci a Lévis, delizioso villaggetto dove vale la pena passare un paio d’ore, non fosse altro che per ammirare la magnifica veduta di Quebec City proprio di fronte.
Tornati sull’altra sponda, ci rendiamo conto di aver visto praticamente tutto ciò che questa città offre, quindi ci spostiamo nel quartiere di Saint Roch, zona universitaria tra l’alternativo e l’ hipster. Il giro è breve perché il quartiere sarà certamente gradevole da vivere, soprattutto se si è giovani, ma a parte un ottimo centrifugato bevuto in un bar bio, non rimarrà indelebile nei miei ricordi.
Nel frattempo si sta facendo sera e memori dell’esperienza della cena precedente, cerchiamo un ristorante prima che sia troppo tardi. Ne scegliamo uno con terrazza sul fiume nella città bassa, dove il giovane cameriere non ha occhi che per Manuela, la figlia di Marco, e per tutta la cena non azzecca un’ordinazione. Quando, invece del mio filetto con patate, mi vedo arrivare una poutine, per poco non vengo colto da un mancamento.
Finito, con qualche difficoltà, di cenare, veniamo attratti da una musica a tutto volume. Proprio dietro il ristorante troviamo un grande spiazzo (Place des Canotiers) stracolmo di gente che balla a ritmo di musiche da discoteca. Ci infiliamo nella calca e veniamo a scoprire che siamo capitati nel bel mezzo della manifestazione Grand Feux Loto-Quebec e di lì a poco ci sarà un grande spettacolo di fuochi d’artificio.
Andiamo a dormire con negli occhi la magia dei fuochi che accendono la città alta di mille colori.
MONTREAL
La nostra ultima tappa in Quebec, Canada, è Montreal ed avendo una sola notte a disposizione, partiamo di buon’ora per sfruttare al massimo il tempo residuo. Il percorso che dobbiamo affrontare è di sole due ore e mezza, quindi arriviamo in città con tutta la giornata davanti.
Come sempre, ho scelto un hotel in centro, quindi ci immergiamo subito nella città vecchia, che è a due passi. Prima tappa Place d’Armes, dove troneggia la neogotica basilica di Notre Dame de Montreal, una versione in piccolo dell’originale parigina (ma molto più recente, risale infatti ai primi dell’800). Di lì si dipana un dedalo di stradine antiche e pittoresche, che hanno come asse centrale Rue Saint Paul. Percorrendo questa lunga via si giunge fino all’immensa Place Jacques Cartier, una piazza pedonale stracolma di locali, chioschi, artisti di strada e, ovviamente, di gente.
Continuando per Rue Saint Paul, arriviamo al Marché Bonsecours, una grande struttura in stile palladiano con tanto di cupola argentata. Ex sede del municipio, nonché di un mercato agricolo, dopo essere scampato ad una demolizione negli anni 60, ora ospita un centro commerciale.
La città vecchia praticamente termina qui. E’ una gradevole e pittoresca zona, ma a mio avviso neanche paragonabile a quella di Quebec City.
Per tornare indietro, ci buttiamo sul lungofiume fino al Vieux Port, il vecchio porto ora sede di innumerevoli zone ricreative, musei, chioschi di street food e l’immancabile ruota panoramica. Qui ci concediamo uno spuntino prima di proseguire la visita della città.
Montreal è famosa per la sua città sotterranea, con i suoi 33 chilometri di gallerie, una delle più vaste al mondo. Realizzata per permettere ai cittadini di vivere la città anche in inverno, quando le temperature sono estremamente rigide, ha sempre suscitato in me una certa curiosità. Voglio quindi andare a dare un’occhiata.
Individuato uno degli ingressi, ci infiliamo in quella che sembra una normale stazione della metropolitana, ma dalla quale si diramano una serie di collegamenti che portano nelle varie zone del centro cittadino. In realtà si tratta di tunnel veri e propri, alle volte anche piuttosto inquietanti. Probabilmente in inverno saranno colmi di gente, ma ora i negozi che incontriamo lungo il tragitto sono quasi tutti chiusi.
Dopo aver sbagliato strada più volte (la segnaletica non è proprio chiarissima), riusciamo a raggiungere il centro commerciale Eaton, indicato come il più grande e spettacolare del Canada, ma che in realtà ci appare un po’ dimesso.
Se devo essere sincero, tutto in questa città mi è apparso finora un po’ dimesso. Non posso certo dare un giudizio definitivo dopo appena una giornata di visita, ma ormai ho visitato tante città nel mondo ed ho imparato ad ascoltare le sensazioni che mi danno “a pelle”. E quelle che mi ha trasmesso Montreal non sono proprio positive.
Molti siti sul web consigliano una visione del quartiere di Plateau Mont Royal, quindi decidiamo di consumare lì l’ultima cena del nostro viaggio.
Si tratta del classico quartiere operaio nel quale è in corso un fenomeno di gentrificazione. Giovani artisti, hipster e bohemien si sono fusi con le varie comunità di immigrati presenti, formando un interessante insieme multiculturale.
Troviamo un posticino carino dove rilassarci in quest’ultima serata prima di rientrare in albergo. Non prima di dare un’ultima occhiata alla facciata di Notre Dame tutta illuminata.
Il viaggio è finito, domani ci aspetta una lunga traversata per arrivare a New York, da dove riprenderemo il volo per l’Italia.
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