Berlino… 30 anni dopo

Berlino… 30 anni dopo

Ebbene sì, ero già stato a Berlino 30 anni fa. C’era ancora il muro ed arrivarci era un’impresa.
Con un treno notturno dovevi attraversare tutta la Germania Est e ad ogni fermata salivano i famigerati Vopos (le spietate guardie di frontiera) che svegliavano tutto il treno e controllavano minuziosamente i documenti. Ricordo che ad un signore che occupava una delle cuccette del nostro scompartimento fecero tagliare la barba perché nel passaporto non l’aveva…

Dopo un estenuante viaggio, quindi, si arrivava in questa specie di bolla spazio-temporale che era la Berlino di quei tempi.

Il muro occupava la vista in qualsiasi direzione ci si recasse (a proposito, io sono il baffone a sinistra...)

Per risparmiare avevamo preso alloggio presso un hotel non lontano dalla Stazione Zoo, tristemente famosa a quei tempi per via del libro (e poi anche film) “Christiane F. – Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino”. Avevamo anche una guida autoctona, Norbert, un ragazzo berlinese che avevamo conosciuto in vacanza in Jugoslavia, che ci scarrozzava con una vecchia Mercedes del padre.

La cosa che mi colpì maggiormente fin dalle prime ore nella città, furono i numerosi palchetti sistemati ai bordi del muro e sui quali si poteva salire per guardare al di là, come davanti ad un acquario, verso la parte est della città.
La cosa che appariva evidente affacciandosi da questi osservatori improvvisati (ed immagino che fosse proprio questo lo scopo), era il grigiore e la tristezza che si percepivano dall’altra parte del muro. Le case erano in gran parte diroccate, la pochissima gente in giro era abbigliata con vestiti antiquati e non c’erano automobili nelle strade.

I palchetti per osservare al di là del muro

BERLINO OGGI

Dopo 30 anni era giunto il momento di andare a vedere come fosse cambiata questa città che mi aveva così tanto colpito.

Prima tappa di questa specie di viaggio della memoria non poteva che essere la Porta di Brandeburgo, simbolo della città e porta di accesso alla ex zona est, trent’anni fa a noi inibita.
Al suo fianco, da un lato il Reichstag e dall’altro il nuovo memoriale in ricordo delle vittime della Shoa. Di lì inoltre inizia il celebre Unter der Linden, il lungo Viale dei Tigli che era il salotto buono di Berlino Est, con le dovute proporzioni il corrispondente della Kurfürstendamm per Berlino Ovest.

La Porta di Brandeburgo 30 anni fa
La Porta di Brandeburgo oggi

La prima tappa la facciamo al Holocaust-Mahnmal, il memoriale per le vittime della Shoa, monumentale installazione opera della coppia Heisnman-Happold. Si tratta di un immenso spazio occupato da parallelepipedi di cemento grezzo di diversa altezza. Prima più bassi, poi sempre più alti, fino a divenire dei claustrofobici canyon entro i quali si perde la cognizione dello spazio. Davvero molto suggestivo.

Attraversata la strada guidati dai famosi Ampelmännchen, gli “omini del semaforo” col cappello, simbolo nostalgico della vecchia Berlino, ci dirigiamo verso Postdamer Platz.

Ai tempi della mia prima visita, qui c’era una gigantesca “terra di nessuno”, uno di quegli spazi all’interno del muro lasciati liberi alla vista per poter meglio controllare eventuali tentativi di fuga. Torrette di avvistamento, cavalli di Frisia, filo spinato, fari, campi minati ed ogni genere di diavoleria, erano sistemati al suo interno come deterrente. 

Potsdamer Platz 30 anni fa...

Oggi tutto lo spazio è stato occupato da una gigantesca operazione urbanistica nella quale archistar (tra cui il nostro Renzo Piano) hanno realizzato una specie di cittadella ultramoderna che sarebbe dovuta divenire il nuovo centro cittadino, ma che secondo me risulta un pò fredda e avulsa dal resto della città.
Degne di menzione sono il Berlinale Palast, dove annualmente si tiene il celebre Festival cinematografico ed il Sony Center, una specie di gigantesco tendone da circo sede della nota azienda giapponese.

Potsdamer Platz oggi
L'ultramoderna Potsdamer Platz
Sony Center

Proprio lì di fronte, fanno bella mostra di sè alcune delle più importanti istituzioni culturali tedesche: la Filarmonica di Berlino e la Neue Nationalgalerie, opera quest’ultima di Mies Van Der Rhoe, uno dei più grandi architetti del novecento.

Una scultura di Keith Haring. Sullo sfondo le strutture della Filarmonica di Berlino

Proseguiamo il tour partendo alla volta del mitico Checkpoint Charlie, ma lungo la strada ci imbattiamo nella ultramoderna struttura del Topographie des Terrors, un centro di documentazione dei crimini nazisti. Nel parco esterno è conservato un lungo tratto del muro, assieme ad alcuni resti delle prigioni della Gestapo. L’interno ospita invece una grande galleria fotografica ampiamente illustrata con testi che spiegano nei particolari le varie fasi delle deportazioni naziste. Ne usciamo molto pensierosi.

Topographie des Terrors
Un tratto di Muro all'esterno del museo

Proprio dietro l’angolo c’è il luogo dove ai tempi del muro era situato il Checkpoint Charlie, il più celebre dei varchi di passaggio tra zona ovest e zona est. Me lo ricordavo come un luogo desolato ed un pò lugubre ed oggi lo ritrovo come una specie di Disneyland per turisti.
Attori in divisa americana intrattengono il pubblico con penosi spettacolini, tutte le vetrine del circondario sono occupate da negozi di souvenir e c’è anche un grande museo che le guide dicono interessante, ma con file chilometriche davanti. 

30 anni fa davanti al vero Checkpoint Charlie
Oggi davanti al triste circo del Checkpoint Charlie

Tiriamo dritto e decidiamo di dedicare il nostro tempo a qualcosa di più serio. Non distante, infatti, c’è lo spettacolare Jüdisches Museum, il nuovissimo Museo Ebraico, opera dell’archistar polacco/statunitense Daniel Libeskind, che Miriam non vede l’ora di visitare.

Già avvicinandosi da lontano si intuisce l’unicità della struttura, un edificio che si snoda a zig zag come un serpente (come si può vedere bene nella foto qui sotto), interamente ricoperto da lastre di zinco e con feritoie al posto delle finestre che stanno a simboleggiare le ferite inferte al popolo ebraico.
Foto Guenter Schneider - http://www.guenterschneider.de

L’interno è disorientante. Un intreccio di corridoi sbilenchi e scale si intersecano fra di loro facendoti perdere l’orientamento. Ogni sala è uno schiaffo sensoriale che ti lascia stordito, ma le esperienze più forti sono senza dubbio la torre dell’Olocausto e la sala delle Foglie Morte.

La prima è una stanza completamente vuota e buia, gelida d’inverno e calda d’estate. L’unica fonte di luce proviene da una feritoia posta in alto. Vuole rappresentare le condizioni in cui si viveva nei campi di sterminio, in balia degli agenti atmosferici e completamente isolati dal mondo esterno.

La sala delle Foglie Morte, invece è una stanza anch’essa completamente vuota sul cui pavimento sono stati sistemati, come foglie morte, 10.000 volti in acciaio su cui si è invitati a camminare. Al passaggio su di essi, i dischi di metallo producono un fortissimo suono lugubre, simile ad urla umane.
L’istinto è di tornare subito indietro per porre fine all’orrore.

La torre dell'Olocausto
Le Foglie Cadute

Abbiamo bisogno di rifocillarci, quindi ci infiliamo in un ristorante tradizionale per spararci una composizione di wurstel con contorno di purè e crauti. Il tutto condito da una Berliner Weisse al lampone, una “prelibatezza” che si può assaporare solo qui a Berlino.

Presa la metropolitana per recarci ad Alexanderplatz, una volta sbucati in superficie veniamo accolti da un violento acquazzone. Volevamo salire sul Berliner Fernsehturm, la torre della televisione (o l’asparago, come è stato soprannominato dai berlinesi) orgoglio di Berlino Est ai tempi del muro, ma con questo tempo non vedremmo nulla, quindi prendiamo al volo il bus numero 100 per farci un giro panoramico del centro città senza bagnarci da capo a piedi.

Alexanderplatz e, sotto, la Fernsehturm

Comodamente seduti e, soprattutto, all’asciutto, attraversiamo l’ Unter der Linden fino alla porta di Brandeburgo, quindi giriamo verso il Reichstag, imponente emblema del governo tedesco (l’ultima notte ne faremo una visita spettacolare) e fiancheggiando i modernissimi palazzi dei vari ministeri, attraversiamo l’immenso parco del Tiergarten.

Ci sfilano di fianco l’Haus der Kulturen (Casa delle culture) e lo Schloss Bellevue (residenza del Presidente tedesco), quindi, dopo aver attraversato tutto lo splendido parco del Tiergarten, sbuchiamo sulla Kurfürstendamm (per i berlinesi la Ku’damm), la lunga arteria principale di Berlino Ovest.

Haus der Kulturen
Schloss Bellevue

La Ku’damm è l’equivalente della Fifth Avenue per New York, un vero e proprio paradiso dello shopping ed è dominata dalla figura imponente ed un pò sinistra della Kaiser-Wilhelm-Gedächtniskirche.
Si tratta di una chiesa pesantemente bombardata durante la II Guerra Mondiale e lasciata diroccata come monito per le generazioni future.

La pioggia non da tregua, quindi ci rintaniamo dentro al KaDeWe (Kaufhaus des Westens) secondo centro commerciale al mondo per grandezza dopo Harrods di Londra. Fondato nel 1907, oggi è tornato agli antichi splendori, ma se non siete interessati ai suoi articoli di lusso, merita una visita almeno il suo immenso reparto alimentare.

Il nostro albergo è nei pressi, quindi rientriamo per una doccia calda ed usciamo per cena, ci aspetta uno splendido stinco di maiale con crauti da Zur Gerichtslaube a Nikolaiviertel.

La Ku'damm
Il KaDeWe

Nikolaiviertel è un minuscolo quartiere che si sviluppa attorno alla chiesa di St Nikolai, di fianco all’imponente Rotes Rathaus (Municipio della città). Durante la guerra fu completamente distrutto e solo negli anni 80 fu ricostruito cercando di attenersi il più fedelmente possibile all’originale medievale. Oggi le sue tranquille stradine sono popolate da ristoranti e locali caratteristici.

Secondo giorno

Finalmente oggi splende il sole ed andremo alla scoperta di Prenzlauer Berg.
Questo antico quartiere operaio di Berlino Est appena al di là del muro, subito dopo la riunificazione preso d’assalto da giovani ed artisti, oggi sta subendo uno di quei fenomeni di gentrificazione tipici delle grandi città.  

Fulcro del quartiere è il Kulturbrauerei, anticamente una fabbrica di birra, oggi convertito a centro multiculturale. E’ uno dei pochi esempi in città di impianti industriali prebellici rimasti intatti… ed è lì che ci dirigiamo. 

La struttura è stata mirabilmente recuperata e, dopo una visita veloce, veniamo attratti da un curioso museo al suo interno, che tratta della vita di tutti i giorni nell’ex DDR. Al suo interno sono ricostruiti ambienti quotidiani, appartamenti, elettrodomestici, mezzi, vestiario, insomma una scatola del tempo ferma ad un mondo che non esiste più. Davvero molto interessante.

Il cortile del Kulturbrauerei
Vestiti femminili nel Museo della DDR

Usciti dal museo, ci incamminiamo lungo Oderberger Strasse, una via ricolma di locali dove una moltitudine di gente si gode il sole seduta ai tavoli all’aperto. L’ambiente è troppo invitante per non approfittarne, così ci accomodiamo anche noi per sorseggiare una buona birra e stuzzicare qualcosa.   

Riprendiamo quindi la nostra passeggiata inoltrandoci per Bernauer Strasse. Lungo questa via correva il muro e qui sono stati effettuati diversi tentativi di fuga. Oggi dove c’era il muro c’è una bella spianata erbosa ed il  suo percorso è ricordato da una striscia in metallo e da tratti di pali conficcati nel terreno. Sulle case, inoltre, sono riportate delle gigantografie emblematiche di quel periodo e pannelli esplicativi ripercorrono la storia del muro anno dopo anno.

Questa gradevole ed interessante strada-parco si conclude con il Centro di Documentazione del Muro, di fianco al quale si eleva una alta scalinata che sfocia in una terrazza panoramica.
Spinti dalla curiosità saliamo in cima e scopriamo dall’altro lato della strada la ricostruzione fedele di un tratto del muro con la “terra di nessuno”. Mi tornano immediatamente alla mente i palchetti di trent’anni fa di cui ho parlato ad inizio articolo.

Il Centro di Documentazione del Muro
La ricostruzione della "terra di nessuno"
La vera "terra di nessuno" 30 anni fa
Disegni ironici esorcizzavano il muro

Seguendo il faro della Fernsehturm, visibile da praticamente ovunque in città, torniamo ad Alexanderplatz e di qui, spinti dalla componente femminile del nostro gruppetto, ci spostiamo nel vicino Hackescher Markt per visitare gli Hackesche Höfe.

Gli Hackesche Höfe, sono la più grande area chiusa della Germania. Si sviluppa su una superficie di 27.000 metri quadri, attorno ad otto cortili interni.
Il complesso fu realizzato nel 1906 ed oggi, dopo una spettacolare ristrutturazione, ospita numerosi negozi, uffici, locali e ristoranti. La zona attorno, inoltre, è una delle più attive di Berlino per la moda indipendente.

Dopo un lungo ed estenuante giro per negozi, ci fermiamo a cenare presso un ristorante nell’Hackescher Markt, il Restauration 1840, cucina tedesca senza infamia e senza lode.

Siamo nei pressi, quindi la tentazione di tornare a vedere cosa è rimasto del Tacheles è troppo forte.
Trent’anni fa era uno dei più attivi centri sociali dell’occidente e la notte passata nel mitico Cafe Zapata, tra giovani di tutto il mondo, rimarrà indelebile nella mia memoria.
Oggi purtroppo è un rudere in attesa di far posto a qualche speculazione edilizia…

Qui potete trovare altri post sui miei viaggi in Europa

Terzo giorno

Questa mattina abbiamo in programma una visita all’Isola dei Musei. Si tratta di una vera e propria isola formatasi lungo il corso della Sprea, sulla quale nel XIX secolo sono stati edificati alcuni dei più importanti musei della città.

Ci ritroviamo nuovamente davanti alla Porta di Brandeburgo per inoltrarci in Unter der Linden e, una volta superato il Ponte del Castello, ci si apre davanti l’immenso slargo davanti al Duomo.
Di qui inizia una serie impressionante di importantissimi musei: l’Altes Museum, dedicato a reperti romani e greci; il Neues Museum, dedicato all’archeologia; l’Alte Nationalgalerie, dedicato all’arte neoclassica; il Pergamonmuseum,  immensa collezione di arte antica; il Bode Museum, dedicato all’arte bizantina.
Dopo aver visitato lo spettacolare Pergamon, decido di fare un’altra breve visita all’Alte Nationalgalerie per vedere i capolavori di Caspar David Friedrich, uno dei miei pittori preferiti, e poi l’Isola dei Morti di Arnold Böcklin, quadro misterioso ed ipnotico che affascinò persino il dittatore Hitler che lo volle nel suo studio privato.
Ovviamente l’Isola dei Morti è fuori sede per una mostra all’estero…

Il Duomo
l'Alte Nationalgalerie

All’uscita ci imbattiamo nell’imbarcadero per le crociere sulla Sprea. Decidiamo di approfittarne, anche per riposarci un pò dopo le fatiche museali. Mentre aspettiamo il nostro turno ci sfamiamo con un wurstel ed un pretzel al volo da un carrettino.
Il giro con audioguida è rilassante più che interessante ed attraversa per lo più l’ultramoderna ed un pò asettica zona dei grandi ministeri.

Tornati sulla terraferma, ci concediamo una lunga passeggiata nel Tiegarten, splendido parco cittadino, e passati sotto la Colonna della Vittoria, giriamo verso la Ku’damm. La Vittoria alata che campeggia sulla cima dell’alta colonna mi riporta subito alla mente le immagini di uno dei film che ho  maggiormente amato, Il Cielo sopra Berlino, capolavoro di Wim Wenders, del 1987, che mostra alla perfezione la Berlino da me visitata la prima volta. 

Ci fermiamo a cenare nei pressi, ed al calar del sole un taxi ci riaccompagna davanti al Reichstag per la visita notturna alla cupola di Norman Foster. Miriam voleva assolutamente fare questa visita ed abbiamo concordato che il tour notturno sarebbe stato sicuramente il più suggestivo.
Avevamo pienamente ragione.
L’ingresso è gratuito, ma va prenotato sul sito del Bundestag.

Il mio tour della memoria è terminato, domattina l’aereo ci riporterà a casa. Faccio quindi un ultimo saluto alla Porta di Brandeburgo illuminata e la mente ritorna a quei giorni della mia gioventù quando quel muro assurdo mi sembrava impossibile da abbattere…

Dopo il mio Berlino… 30 anni dopo, qui potete trovare altri post sui miei viaggi in Europa

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